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Visualizzazione dei post da agosto, 2015
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Solve et Coagula - Pagina 126

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Capitolo 10 - parte 10 Dalla sua borsa mancavano alcune cose, ma non quelle che più si sarebbe aspettata. Il portafogli c'era ancora e, cosa più incredibile, con tutto il suo contenuto, soldi compresi. In più le avevano lasciato il cellulare. In compenso erano spariti il suo mazzo di chiavi, il libro di racconti di Bradubury e il cd musicale di Eno. Si chiese chi potesse mai avere interesse a fare una simile selezione, all'apparenza così poco sensata, tra cosa togliere e cosa conservare. Chi le aveva portato via la borsa o chi gliela aveva restituita? O ancora una terza persona che lei non aveva avuto modo di vedere? Ma il vero enigma era un altro. Non erano soltanto sparite delle cose, al loro posto ne erano comparse altre: tre buste sigillate e numerate. A Luisa tornò alla mente lo spezzone di un vecchio quiz televisivo in bianco e nero, che doveva aver visto in uno di quei programmi antologici che recuperavano e mostravano materiale d'archivio, con un presentato

Bodé e la fantascienza (Re-edit)

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Nota:  La prima versione di questo post è apparsa sul blog Il futuro è tornato . Lo ripropongo qui, in forma leggermente modificata, in vista dell'annunciata imminente chiusura del succitato blog. Come forse saprete, ho da poco terminato di scrivere e pubblicare sul mio blog un lungo articolo, in dodici parti, sul cartoonist underground Vaughn Bodé :  Vita, opere e morte del messia del fumetto . Questo nuovo post a lui dedicato, scritto appositamente per IFET , è un approfondimento di un aspetto dell'arte di Bodé che ho solo sfiorato nel mio blog: il suo contributo, piccolo ma non trascurabile, alla fantascienza in senso stretto . Il motivo del "piccolo" è facilmente spiegabile, se si considera che in realtà Bodé non ha mai messo in discussione, in nessun momento della sua vita, il suo obiettivo di diventare un autore di fumetti. La sua opera di illustratore va quindi situata in questo contesto e vista, se non proprio come una parentesi, come un'attiv

An american family

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Il primo fu Newell Convers Wyeth (1882-1945), il capofamiglia. Artista prolifico, autore di circa 3.000 dipinti che comprendono le illustrazioni realizzate per 112 classici della letteratura, soprattutto per ragazzi, la sua tavolozza aveva un registro vastissimo, che dalle dominanti più cupe saliva fino a comprendere azzurri e gialli squillanti. Lottò, vanamente, per tutta la vita nel tentativo di “scuotersi via dalle scarpe il fango dell’illustrazione” e conquistarsi la fama di grande pittore. Ma a renderlo immortale furono i capolavori da lui realizzati per L’isola del tesoro , Robinson Crusoe , Robin Hood , La freccia nera , e via dicendo. Del resto fu allievo di Howard Pyle , che divenne noto in seguito come il padre della moderna illustrazione americana, e quando iniziò la sua attività, nel 1903, fu illustrando romanzi western. Si immedesimò talmente in quel mondo che per un breve periodo divenne lui stesso cow-boy - un'esperienza che gli permise anche di entrare in co

Solve et Coagula - Pagina 125

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Capitolo 10 - parte 9 Che stupida che sono stata a tenere la borsa sul lato di passaggio , esclamò dentro di sé Luisa, mentre si guardava intorno nella semioscurità della piazza, all’inutile ricerca del suo scippatore. Era talmente giù di morale che si sedette su una delle vicine panchine di pietra, incurante del gelo e dell’umidità. Se non altro adesso, con tutte le opzioni azzerate di colpo eccetto una, non aveva più l’imbarazzo della scelta. Senza soldi, senza cellulare, senza chiavi di casa, anche un idiota avrebbe constatato che la partita era chiusa ed era arrivato il momento di gettare la spugna. Non le restava altro da fare che sollevare di nuovo le chiappe (che in caso contrario presto non avrebbe più distinto dalla pietra sottostante) e dirigersi alla stazione di polizia per dire tutto quello che sapeva. Che facessero poi di lei e della sua confessione quello che pareva loro meglio… Ma proprio mentre stava per mettersi in piedi, qualcuno le si fermò davanti. Era un

Ivan e Maria (Иван да Марья)

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Sette o forse otto anni fa, in occasione di una festa di capodanno, mi capitò di incontrare una ragazza di nome Maria. Niente di insolito a prima vista, dal momento che l'Italia è piena di donne con questo nome e non c'è nulla di straordinario nell'incontrarne una. Ma questa Maria in particolare non era italiana, bensì una russa di San Pietroburgo che portava quel nome come molte sue connazionali e, più in generale, come moltissime donne del vecchio continente. In Svezia, per esempio, si incontrano donne di nome Maria quasi a ogni angolo, insieme a tantissime altre di nome Anna o Pia. Si incontrano anche tante donne di nome Lotta, ma questo è un altro discorso. Lasciando ora da parte le svedesi e tornando alla Maria russa, accadde che nel momento in cui saltò fuori che io mi chiamavo Ivano lei pensò subito, com'è naturale, al russo Ivan. Mi affannai allora a spiegarle (parlavamo in inglese) che il mio nome è in realtà di origine celtica e non corrisponde all'

Solve et Coagula - Pagina 124

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Capitolo 10 - parte 8 In base al resoconto che le aveva fatto, Giulia a un certo punto aveva anche voluto togliersi una curiosità e chiedere alla sua interlocutrice se dovesse il suo nome a un famoso libro di Isabel Allende. In risposta Eva Luna aveva prima scosso la testa ridendo, poi aveva assunto di colpo un’aria vaticinante e proclamato qualcosa del tipo: “Quando la scrittrice di cui parli ha scritto quel libro io portavo questo nome già da molto tempo”. Giulia non aveva la minima idea di quando la Allende aveva scritto il suo libro, ma era comunque certa che circolasse nelle librerie da un discreto numero di anni. Quel “molto tempo” se lo era così spiegato con la possibilità che Eva Luna non fosse un nome d’arte come lei aveva creduto ma il vero nome della donna, la cui età apparente era così poco indefinita ai suoi occhi da farle ritenere che potesse avere trent’anni come quaranta. Luisa digitò Eva Luna sulla tastiera e un istante dopo lesse sullo schermo la notizia ch

Solve et Coagula - Pagina 123

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Capitolo 10 - parte 7 Una mappa del centro della sua città, Firenze, con sopra disegnate tre linee a formare un triangolo più o meno equilatero, i cui vertici, siglati rispettivamente con le lettere H, E e L, corrispondevano a casa sua, all’ex Ragnarock e all’Hotel Minoic. Non aveva nessuna idea del significato, ma doveva per forza essercene uno. Riguardo poi al possibile utilizzo di tutto ciò da parte di Alessandra, dal cui borsello aveva sottratto l’originale, era un mistero nel mistero. Una cosa almeno le era chiara: dei tre luoghi contrassegnati dalle lettere i primi due le erano diventati preclusi e le rimaneva a disposizione solo l’ultimo, il Minoic. Sempre che non fosse già stata bandita anche da lì; ricordava bene l’episodio del giorno precedente, quando si era avvicinata alla limousine nera parcheggiata proprio di fronte all’hotel e il senso di minaccia che aveva avvertito, come di qualcosa di ostile al suo interno pronta a colpirla se avesse osato avvicinarsi ancora. N